Accordo tra l’Istituto Italiano di Tecnologia (IIT) e Crest Optics, azienda specializzata a livello mondiale in soluzioni tecnologiche avanzate

24 Settembre 2018

L’ Alzheimer è considerata una delle emergenze del futuro: nel mondo sono 47 milioni le persone colpite da questa patologia.

 

Questa cifra è destinata ad aumentare fino a 131 milioni di malati entro il 2050 (in Europa fino a 18,6 milioni, il doppio rispetto ai 10 milioni attuali, di cui 600 mila “italiani”). Tuttavia, ad oggi non esistono cure per questa malattia, c’è solo qualche terapia per alleviare i sintomi.

 

Per questo motivo, assume un significato rilevante il recente accordo siglato dall’Istituto Italiano di tecnologia (IIT), diretto da Roberto Cingolani, e CrestOptics, azienda specializzata a livello mondiale in soluzioni tecnologiche avanzate nel campo della microscopia, dell’Imaging per applicazioni scientifiche, industriali e medicali. Accordo che nasce con l’obiettivo di costituire un laboratorio congiunto, presso il Centro per le nanoscienze della vita (Cnls) dell’IIT di Roma, che sarà dedicato alla messa a punto di tecniche di diagnosi precoce della malattia di Alzheimer.

 

L’intesa prevede un investimento complessivo di circa 6 milioni di euro su base triennale per finanziare le attività di ricerca e l’assunzione di 15 nuovi ricercatori. La creazione del laboratorio congiunto tra CrestOptics e IIT è stata possibile anche grazie al recente investimento di Principia SGR, che attraverso il fondo dedicato al settore salute Principia III ha acquistato una quota dell’azienda CrestOptics per 7 milioni di euro.

 

Con questa operazione, parte quindi l’offensiva dall’IIT per arginare il fenomeno dilagante della demenza senile che in Italia, il secondo Paese più vecchio al mondo, è cresciuto sensibilmente negli ultimi anni gravando anche in termini di costi complessivi, diretti ed indiretti, sui bilanci dei familiari, del Sistema sanitario nazionale (Snn) e della collettività. Costi che ammontano ad oltre 42 miliardi di euro annui, (fonte: Censis-Aima, 2016).

 

«La tempistica, per arginare l’Alzheimer o il Parkinson, è fondamentale perché queste patologie, diagnosticate quando ormai è tardi per trattarle, possono durare tanti anni e gravare socialmente ed economicamente sulla società ancora di più dei tumori. È il motivo per il quale urgono metodi diagnostici in grado di anticipare possibili segnali precoci legati alla ma-lattia neurodegenerativa», premette Giancarlo Ruocco, coordinatore del Cnls-IIT di Roma, costituito da un team multidisciplinare di cui fanno parte medici, fisici, biologi ed ingegneri.

 

Partendo dalle competenze dei ricercatori IIT e con il supporto della tecnologia avanzata fornita da CrestOptics, il laboratorio congiunto realizzerà infatti un nuovo metodo in grado di analizzare ambulatorialmente la retina mediante un microscopio a super risoluzione per verificare la presenza di granuli di quelle proteine (TAUe beta Amiloide) la cui presenza è correlata con la malattia di Alzheimer e le cui dimensioni crescono con il progredire della patologia. «Scoprire la presenza di accumuli proteici quando questi hanno dimensioni dell’ordine del milionesimo di metro, permette di diagnosticare la malattia diversi anni prima dell’insorgere dei primi sintomi — sottolinea ancora Giancarlo Ruocco — In questo modo, sarebbe possibile anticipare di 10-15 anni la diagnosi e iniziare una terapia mirata riducendo la sintomatologia della malattia neurodegenerativa ».

 

Il metodo diagnostico che l’IIT di Roma sta testando è precoce, a basso costo e di scarsa invasività rispetto agli attuali strumenti che sono invece costosi, invasivi e non riescono a riconoscere la malattia prima che essa sia già ad un avanzato punto di degenerazione. «Inoltre, gli studi che stiamo portando avanti potrebbero aiutarci ad identificare nuovi approcci terapeutici mirati a ridurre tutti i sintomi della neurodegenerazione associata alla patologia», puntualizza Ruocco. In questo campo di ricerca il team IIT di Roma, in collaborazione con La Sapienza, ha di recente pubblicato i risultati del loro lavoro sulla rivista scientifica internazionale “Cell Death&Disease”.

 

«Nello studio si evidenzia come sia possibile utilizzare l’accumulo delle proteine nella retina per diagnosticare la malattia di Alzheimer utilizzando un modello animale. Quindi, riteniamo possibile che questo possa accadere anche per la retina di un essere umano».